you're all i have

ff - primo capitolo

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  1. _blackcat
     
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    Titolo: You're all I have
    Autrice: _blackcat
    Fandom: Supernatural
    Pairing: Dean/Damon, Damon/Castiel (accenno) e Sam/Damon (accenno)
    Personaggi: Damon Salvatore, Dean Winchester, Sam Winchester, Castiel, Un po' tutti
    Genere: Introspettivo, Romantico, Drammatico, Erotico, Sentimentale, Comico, Sovrannaturale, Angst
    Avvertimenti: AU, Lemon, Slash, What if?, Missing Moments, OOC
    Disclaimer: Sfortunatamente i personaggi non mi appartengono. Questa ff è scritta senza alcuno scopo di lucro.
    Trama: Damon Salvatore è un giornalista del "Sunday Times". Trascorre la sua vita ad Alliance tranquillamente, ma un giorno in città arrivano i due fratelli Winchester che gli rivelano un'importante verità sul suo passato e lo obbligheranno a lasciare la serenità della sua semplice vita.
    Note: Damon Salvatore non è un vampiro, è umano e la serie di TVD non ha nulla a che fare con questa ff. Qui, Damon, non dovete assolutamente immaginarvelo come nel telefilm, bensì come nelle immagini della copertina della mia ff. E come carattere avrà ben poco di simile al Damon di TVD.
    Cercherò di restare il più fedele possibile agli episodi della serie di SPN, ma dovrò comunque fare le modifiche e le aggiunte necessarie per seguire la trama. Diciamo che la storia si svolge a cavallo della quinta stagione, ma più avanti inserirò delle puntate di alcune stagioni più vecchie.

    Questa ff la potete trovare anche su EFP, here.



    You're all I have
    png








    1. I giornalisti sono il nostro futuro
    Sam bussò al finestrino dell’Impala, facendo sobbalzare Dean che dormiva tranquillamente sul sedile. Dean borbottò qualche insulto poi fece scattare la serratura e Sam si sedette accanto a lui, ridacchiando.
    «Ho preso da mangiare», disse porgendogli il sacchetto di carta del fast food che l’altro afferrò prontamente.
    Dean stava morendo di fame, letteralmente. «Era ora!»
    Scartò un cheeseburger e diede un morso che si portò via mezzo panino. «Mmh, buonissimo!», disse con la bocca piena. «Vuoi?»
    Sam lo guardò inorridito e iniziò a sfogliare attentamente il quotidiano locale che aveva comprato. Dean fece spallucce e riprese a mangiare.
    «C’è qualcosa per noi?», chiese scartando il secondo panino e addentandolo famelico come se non avesse appena finito di mangiarne uno.
    «Gesù, Dean. Ma come fai? Sono appena le nove del mattino!» Sam scosse la testa.
    «Comunque, sì… Qui» e indicò un trafiletto in prima pagina, iniziando a leggere ad alta voce «Amber Greer, 17 anni, è stata trovata morta la scorsa notte nella casa dove era solita fare la babysitter di Jimmy. E’ stato appunto il padre del bambino a trovarla morta sul divano. Inizialmente, dall’autopsia si constatò che Amber fosse stata aggredita da un lupo, dati i profondi graffi sul lato destro del cranio, ma in seguito ad una seconda analisi, in cui è stata ritrovata un’unghia della vittima nel lobo temporale, si pensa che si sia “grattata fino al cervello”.»
    Dean annuì e mise in moto l’auto. «Bene, si torna al lavoro.»

    *°*°*°*°*°*°*°*


    Damon uscì da quello che in teoria doveva essere il suo ufficio e che in pratica era uno sgabuzzino con una scrivania e una piccola finestra, e si diresse in fretta verso quello spazioso e con un panorama mozzafiato sulla città di Alliance del suo capo. Prima regola per non farsi licenziare: non far mai aspettare il proprio capo. Bussò alla porta di legno e dall’interno giunse soltanto un grugnito. Merda, è già incazzato!
    «Salvatore!», sbraitò quello appena varcò la soglia. «Che cazzo hai combinato? La polizia non ci aveva ancora concesso di pubblicare la storia di Amber Greer!»
    Damon fece per aprire la bocca e spiegare perché avesse già pubblicato la notizia, ma il capo ricominciò a gridare.
    «Porta il tuo culo fuori di qui, subito! Non voglio vederti in giro oggi! Adesso devo sistemare il casino che hai combinato!»
    Il giornalista non se lo fece ripetere due volte: girò i tacchi e se ne andò. L’aveva proprio fatto imbestialire, anche se lui ingenuamente aveva pensato di fare una grande mossa. Il suo intento era che il giornale per cui lavorava pubblicasse per primo articoli riguardo ciò che accadeva in città, arrivando così ad essere il più letto dalle persone per la velocità con cui riportava i fatti. Ma il suo piano era fallito miseramente. Probabilmente adesso, l’unica cosa che avrebbe ricavato, sarebbe stata una multa e un’altra bella strigliata dal capo. Di quella giornata così orribile ci fu almeno un aspetto piacevole: poteva ritornare prima da suo fratello. Gli pesava molto doverlo lasciare da solo tutto il giorno, soprattutto perché aveva solo dieci anni, ma doveva pur guadagnarsi la pagnotta in qualche modo.
    Uscì dalla porta girevole del “Sunday Times”. Sarà per il nome che nessuno lo compra, pensò. Si sistemò meglio la tracolla di pelle che conteneva il suo inseparabile portatile e si avviò verso la fermata dell’autobus.

    *°*°*°*°*°*°*°*


    I fratelli Winchester, dopo aver mostrato al medico dell’obitorio i falsi distintivi da agenti dell’F.B.I, esaminarono il corpo della ragazza. Il medico, avendo brevemente riassunto loro ciò che aveva già scritto nell’autopsia e notando che non erano affatto sorpresi, ricoprì il corpo della ragazza e lo richiuse nel refrigeratore.
    «Agenti come sapevate già dell’accaduto, se non ho ancora spedito l’autopsia?»
    Dean e Sam si scambiarono un’occhiata dubbiosa.
    «C’era un articolo sul “Sunday Times”», spiegò Sam.
    Il medico annuì. «Lo immaginavo. E’ risaputo ormai che Salvatore non riesce a tener ferma la penna.»
    Lo guardarono con aria interrogativa. «Salvatore?», chiese Dean.
    «Sì, Damon Salvatore. E’ il ragazzo che ha scritto l’articolo. Ha un sacco di amicizie in città, probabilmente è per questo che conosceva già i dettagli dell’autopsia.»
    «Grazie dottore per le informazioni. E se dovesse succedere qualcos’altro, non esiti a contattarci.»

    Un’ora dopo, sempre indossando le vesti dei due agenti dell’F.B.I, i Winchester lasciavano la casa in cui era stata ritrovata la vittima.
    «Ha messo questa polvere urticante sulla sua spazzola», disse Dean agitando la bustina che gli aveva dato il bambino.
    «Dean, è impossibile che della polvere urticante abbia fatto fare alla ragazza una cosa simile!», rispose incredulo il fratello.
    «Hai altre teorie? Sentiamo.»
    Il telefono di Sam squillò, non lasciandogli l’opportunità di ribattere.
    «Era il dottore, un’altra morte assurda», informò il fratello riponendo il telefono nella tasca.
    Dean si limitò nuovamente ad annuire, salì in macchina e guidò fino all’ospedale.

    Quando arrivarono davanti alla stanza che il dottore aveva indicato a Sam, videro due infermieri chiudere un corpo bruciacchiato nell’involucro di plastica nero e trasportarlo fuori su una barella.
    «Dottore, che è successo?»
    «Un tizio è morto fulminato.», rispose quello appoggiato allo stipite della porta, «Forse è stato un filo scoperto o un’apparecchiatura andata in corto. Per ora non abbiamo visto niente.»
    «Testimoni?», chiese Sam entrando nella stanza con Dean e avvicinandosi all’anziano uomo seduto vicino alla finestra.
    «Sì, il signor Stanley. Afferma di aver visto tutto, ma dice cose senza senso. Demenza senile.» E spostò lo sguardo sull’uomo seduto, poi se ne andò.
    «Signor Stanley?», lo chiamò gentilmente Sam.
    «Era solo uno scherzo.», iniziò afflitto il signore voltandosi, «Io non credevo che funzionasse davvero.»
    «Che funzionasse cosa?», domandò Dean.
    «Gli ho soltanto… stretto la mano», ammise il vecchio sollevando la mano con un piccolo aggeggio di metallo, che serviva per dare una lieve scossa.
    Dean fissò l’oggetto stupito. Ma che diavolo…?

    Una volta soli nella stanza del motel con una coscia di tacchino, Dean mise alla prova quello strabiliante giochetto per la scossa. Quando appoggiò l’aggeggio sulla coscia, questo scaturì una scarica elettrica così potente che in pochi secondi la coscia di tacchino era cotta a puntino.
    «Un bell’arrosto!», scherzò Dean.
    Sam era sempre più incredulo. «Ma che cos’è? Come accidenti funziona?!»
    «Ed è anche senza batterie!»
    «Allora stiamo dando la caccia a degli oggetti maledetti?», azzardò Sam.
    «Eh già, può essere. Magari c’è una potente strega in città.» Dean si sfilò dalla tasca dei jeans il coltellino, tagliò un pezzo dell’arrosto e cominciò a mangiare.
    «Nessun collegamento tra l’aggeggio per la scossa e la polvere urticante?»
    Sam annuì. «Vengono dallo stesso negozio.»

    Richiusero la porta del negozio “The Conjurarium” e risalirono sull’Impala, diretti al motel.
    «Non credo che il proprietario sia una potente strega», disse sarcastico Sam.
    Dean gli rivolse uno sguardo alla “Ma dai?!”.
    «E il dottore prima mi ha richiamato.», continuò Sam. «Ci sono stati altri due casi strani. Due bambini ricoverati: uno per ulcerazioni allo stomaco causati da un mix di caramelle frizzanti e coca-cola e all’altro è rimasta la faccia bloccata in una smorfia. Poi c’è un uomo che afferma che una fatina dei denti di 160 kg, con il tutù rosa e le ali, gli ha staccato tutti i denti con una pinza e che gli ha lasciato trentadue centesimi.», sospirò. «E comunque non abbiamo niente.»
    Dean ci rifletté su. «Ci potrebbe essere un collegamento, invece. Tutte le cose a cui i bambini credono diventano reali.»
    «Un trixter!», concluse Sam.
    «Con il senso dell’umorismo di un bambino!», aggiunse Dean.
    Sam soppesò le parole del fratello per qualche secondo. «Cioè come il tuo.»

    Dean addentò il suo sandwich, seduto al tavolo nella loro stanza del motel. Sam era uscito per fare ancora alcune ricerche. La porta si spalancò.
    «Andiamo Dean, ancora con quell’arrosto?»
    «E’ un peccato buttarlo!», ribatté il maggiore con la bocca piena.
    Sam alzò gli occhi al cielo e sul tavolo posò una cartina della città. «Ho trovato qualcosa. Tutte queste cose assurde sono avvenute nel raggio di due miglia» e indicò con il dito quattro X rosse. «Al centro ci sono solo quattro acri di terreno e una casa.»
    «Direi che è il caso di dare un’occhiata.»
    Sam annuì e Dean, con dispiacere, dovette abbondare il suo gustoso sandwich.

    Dean parcheggiò l’Impala sul ciglio della strada. Raggiunsero il portico della casa e prima che Sam potesse iniziare ad armeggiare con la serratura, la porta si spalancò. Sulla soglia c’era un bambino, che non avrà avuto più di undici anni, che li guardava circospetto.
    «Chi siete?»
    «Agenti dell’F.B.I», rispose Dean e mostrò il distintivo. Lo stesso fece Sam.
    «I tuoi genitori sono in casa?», chiese Sam.
    «No, sono morti. C’è mio fratello.»
    Sam si beccò una bella gomitata nel fianco dal fratello. Gli lanciò un’occhiataccia.
    «Venite», li invitò cortesemente il bambino e li guidò fino in cucina.
    Ai fornelli c’era un uomo che sembrava avere appena trent’anni –l’età di Dean-, che grigliava con attenzione delle bistecche. Non si accorse del loro arrivo. Si voltò solo quando sentì la voce di suo fratello che lo chiamava.
    «Cosa c’è ade-», si bloccò a metà stupito. «E voi chi sareste?», domandò rivolto ai due estranei in giacca e cravatta nella sua cucina.
    «Agenti dell’F.B.I», risposero all’unisono i Winchester.
    Che diavolo ci facevano degli agenti federali in casa sua? Erano venuti per l’articolo di Amber Greer? A Damon però sembrava una cosa assurda. Figurati se si interessano a un misero articolo del “Sunday Times”, pensò.
    «Prego, accomodatevi», li invitò a sedere indicando le sedie del tavolo al centro della cucina.
    Dean si sedette e scrutò con attenzione l’uomo. Indossava dei jeans scuri e una semplicissima T-shirt nera ma che gli stavano a pennello.
    «Lei è?», chiese Sam.
    «Ah, sì, scusatemi. Mi chiamo Damon Salvatore», si presentò e poi si voltò verso suo fratello, che stava osservando da dietro la sua schiena.
    «Vai in soggiorno a guardare un po’ di televisione, d’accordo Jessy?», gli sussurrò Damon e lo allontanò gentilmente. Il bambino si staccò titubante ma poi si allontanò.
    Sam, che sul frigo aveva notato il disegno della fatina dei denti, esattamente come gliel’aveva descritta la vittima in ospedale, cominciò con le domande. «Allora, signor Salvatore… Quel disegno l’ha fatto suo fratello Jessy?»
    «Sì, certo. Mi ha chiesto com’era la fatina dei denti, io gliel’ho descritta e lui l’ha disegnata.» Sorrise –e che sorriso!- divertito.
    Dean con quella semplice risposta tirò le somme e capì. «E cosa ci può dire della polvere urticante?»
    «Con quella puoi grattarti via il cervello!» E rise sommessamente. Non riusciva a collegare le loro domande con ciò che aveva fatto, ma si stava divertendo troppo a rispondere.
    «E delle caramelle frizzanti?», chiese ancora Dean. Sam lo guardò storto, non capiva dove volesse arrivare.
    Damon rise di nuovo. «Con la coca-cola sono pericolose, lo sanno tutti!»
    «Agenti, potete spiegarmi perché tutte queste domande strane?»
    «Solo un’ultima cosa…», continuò Dean senza rispondere alla domanda e dalla tasca dei pantaloni estrasse l’aggeggio per la scossa.
    «Ah! Con quello può morire fulminato!»
    Per certe cose Damon era rimasto ancora un bambino. Sapeva che tutte quelle cose non erano vere, ma allo stesso tempo ci credeva. Le raccontava a suo fratello Jessy per farlo divertire: andava pazzo per quelle storie assurde.
    «Lo sa vero che quest’aggeggio è innocuo? Che dà solo una piccola scossettina?»
    Damon annuì rivolto all’agente che al posto degli occhi aveva due smeraldi brillanti.
    «Glielo assicuro, totalmente innocuo», ripeté Dean e poi per dimostrare se la sua teoria era esatta, appoggiò il giochetto per la scossa sul petto di Sam che tremò per qualche istante, ma non si fulminò.
    «Certo agente, lo so», assicurò Damon. Poi li vide alzarsi e dirigersi verso la porta. Li accompagnò fino all’uscio. Questi lo ringraziarono per aver risposto a tutte le domande e se ne andarono. Damon li guardò dubbioso salire in macchina e ripartire.

    *°*°*°*°*°*°*°*


    Appena misero piede all’interno dell’abitacolo dell’Impala, Sam lo rimbrottò: «Dean, ma sei impazzito?!»
    «Ho avuto un’intuizione», sorrise serafico il fratello.
    «Sì, ma hai rischiato di farmi fuori», fece notare serio.
    «Stai bene! Comunque, ora sappiamo chi sta seminando il terrore qui in città.»
    «Il giornalista.»
    «Qualsiasi cosa creda, diventa realtà. Chissà come fa…»
    Si divisero di nuovo. Sam andò a fare altre ricerche –era davvero una mania per lui!- e Dean si rintanò nel motel. Un’ora dopo, Sam ricomparve con alcuni fogli in mano.
    «Ho fatto qualche ricerca sul nostro giornalista. Tutto normale, si è laureato in lettere, ma è stato adottato e il certificato di nascita è inaccessibile. Però sono comunque riuscito a scoprire che la madre biologica si chiama Julia Write e che vive a Elk Creek, dall’altra parte dello Stato.»
    «Mettiamoci in viaggio, allora.»

    Giunsero davanti a una casetta bianca, un po’ trasandata e malconcia. Superarono il cancelletto arrugginito, arrivarono alla porta e suonarono il campanello. Dall’interno al suono del campanello, rispose una voce femminile con un tono a metà tra l’impaurito e il burbero. Questa, dopo che i fratelli dissero di essere degli agenti federali, ordinò che le passassero i distintivi attraverso la buca delle lettere. Dopo un minuto che parve interminabile e diverse occhiate tra i fratelli, la porta si spalancò. La voce era di una donna che l’unica parola con cui Dean riuscì a definirla era “sciupata”. Era pallida, con i capelli crespi e un po’ arruffati, magra e avvolta in una vestaglia verde scuro.
    «Che volete?», chiese cauta e restituendo loro i distintivi.
    «Vogliamo farle qualche domanda… su suo figlio», rispose serio Sam.
    «Io non ho figli», ribatté la donna scuotendo la testa.
    «E’ nato il 29 marzo del ’79 a Omaha.»
    «Che cosa volete?»
    «Vogliamo solo sapere se la sua è stata una gravidanza normale.»
    «E’ successo nulla di strano?»
    La donna li guardò afflitta, poi scattò. Cercò di chiudere la porta e non riuscendoci, corse in cucina seguita da Dean e Sam. Afferrò del sale dal bancone e glielo lanciò addosso. Tutti e tre si guardarono sorpresi.
    «Voi non siete dei demoni.»
    «E lei che ne sa di demoni?»
    «Io sono stata posseduta. Ho fatto delle cose terribili, ho ucciso delle persone.»
    «Ecco perché sapeva del sale», confermò Dean ad alta voce.
    «Volevo liberarmi di lui, ma occupò il mio corpo per mesi.»
    «Quanti?», domandò il maggiore dei Winchester anche se entrambi sapevano già la risposta.
    «Nove.»
    Sam e Dean annuirono. «Quindi suo figlio…»
    «Sì, per tutto il tempo. Durante la gravidanza e la nascita. In quel periodo sono stata posseduta da lui. La notte in cui nacque il bambino ero sola, il dolore era davvero devastante. Gridavo ma quella che usciva era una risata; il demone era felice. Stava usando il mio corpo per far nascere una sua creatura. Quando tutto finì, qualcosa cambiò: ripresi il controllo. Io sapevo, sapevo che cosa dovevo fare. Quando fui sola con il bambino, una parte di me voleva ucciderlo, ma -che Dio mi perdoni!- non ce l’ho fatta. Così l’ho dato subito in adozione e me ne sono andata.»
    «Chi era il padre?»
    Julia scosse la testa. «Io… ero vergine.»
    Dean la fissò per qualche secondo allibito, poi si scambiò un’occhiata d’intesa con Sam.
    «Avete visto mio figlio? E’ umano?»
    «Si chiama Damon. Adesso vive ad Alliance. E’ un giornalista.»
    Julia annuì. «Capisco.»

    Ritornarono al motel che era ormai notte fonda. Appena entrarono, sentirono il tipico fruscio d’ali che annunciava l’arrivo di un angelo. Sam accese la luce e al centro della stanza trovarono Castiel.
    «Hai ricevuto il messaggio?», gli chiese Sam accomodandosi su una delle sedie attorno al tavolo.
    «Per fortuna avete trovato il nostro uomo.»
    «Oh, sì. Una vera fortuna!», lo canzonò sarcastico Dean. «Che cosa facciamo?»
    «Uccidetelo», decretò deciso l’angelo.
    «Castiel…», lo riprese serio Dean.
    «E’ metà demone e metà umano. Credetemi, è molto potente. Nella nostra cultura chiamiamo questo ibrido Cambian o Catako, voi lo chiamate l’anticristo.»
    L’angelo si sedette su una sedia dall’altra parte del tavolo rispetto a Sam. Appena vi si appoggiò, sì udì l’inconfondibile rumore di peti. Castiel si mosse sulla sedia, imbarazzato. Dean e Sam si lanciarono uno sguardo divertito.
    «Non sono stato io», si difese l’angelo e da sotto di sé, sollevandosi un poco, estrasse un piccolo cuscinetto sgonfio di plastica rosa. Castiel se lo rigirò tra le mani. Era il ricordo che Dean si era portato via dal negozio “The Conjurarium”.
    «Uh, chi l’avrà messo lì?», sorrise Dean.
    Sam riportò l’attenzione su Castiel e, scrollando lievemente le spalle, ritornò serio.
    «Comunque, fammi capire. Damon sarebbe il figlio del Diavolo?»
    Castiel sospirò. «No, certo che no. La vostra Bibbia dice molte cose sbagliate. L’anticristo non è il figlio di Lucifero, è solo una progenie demoniaca. Una delle armi più potenti che ha il demonio per conquistare il Paradiso.»
    «Se Damon è così potente, che cosa ci fa in Nebraska?», intervenne Dean.
    «I demoni l’hanno perso e per via del suo potere, che lo nasconde sia agli angeli che ai demoni, non riescono a trovarlo ma lo stanno cercando. Ora che Lucifero è tornato avrà mandato sicuramente dei demoni a cercarlo e se riuscirà a trovarlo, lo userà per i suoi scopi. Con il suo potere potrebbe distruggere tutte le schiere celesti e noi non possiamo permettere che accada.»
    Dean annuì impercettibilmente.
    «Aspetta! Noi non possiamo farlo, noi non uccidiamo degli innocenti giornalisti!», si fece sentire Sam.
    Castiel balzò in piedi, infuriato. Era necessario agire così e lui avrebbe fatto ciò che doveva essere fatto. Dean fece indietreggiare Sam toccandolo sul braccio.
    «Ok, sta a sentire.», disse rivolto all’angelo. «Noi non lo uccideremo, va bene? Ma non possiamo nemmeno lasciarlo qui, questo è chiaro. Quindi lo porteremo da Bobby, lui saprà cosa fare.»
    «Volete rapirlo?», chiese incredulo Castiel. Quanto potevano essere stupide quelle scimmie senza peli?
    «Quello che ha fatto finora è ciò che accade quando è felice! Provate ad immaginare cosa può fare quando si sente in pericolo! E poi come lo fermerete? Può teletrasportarsi ovunque nel mondo.»
    «Allora noi…», iniziò Dean ma fu subito interrotto da Sam.
    «Gli diremo la verità e lui forse farà la scelta giusta.»
    «Tu non l’hai fatta!», ribatté minaccioso l’angelo. «Ed io non voglio correre ancora questo rischio.»
    Sentirono di nuovo il fruscio d’ali e Castiel era scomparso.
    Sam sospirò. «Maledizione!»

    *°*°*°*°*°*°*°*


    Damon stava sistemando le ultime stoviglie nei ripiani sopra il lavello, quando improvvisamente un uomo in trench beige apparve accanto a lui. Il piatto che aveva tra le mani si frantumò a terra.
    «Chi diavolo sei?», gridò sull’attenti. Era sempre stato bravo a fare a pugni e l’uomo in trench non era neanche muscoloso quanto lui.
    «Mi dispiace», si limitò a sussurrare tristemente lo sconosciuto, sollevando un braccio.
    Damon vide lo scintillio della lama del coltello che l’uomo stringeva saldamente. In un gesto involontario, guardò a terra e vicino ai cocci del piatto notò un soldatino di quelli con cui Jessy giocava. Chiuse gli occhi. Con tutto se stesso desiderò che quel pazzo si trasformasse in un soldatino. Restò per qualche minuto con gli occhi chiusi e il fiato corto, aspettando il colpo che non arrivò mai. Quando chinò di nuovo il capo verso il pavimento, accanto al soldatino, c’era una dettagliata miniatura dell’uomo in trench.
    «Non è possibile, non è possibile!», sussurrò a se stesso passandosi una mano sul volto.

    La porta all’ingresso fu sfondata da un calcio ben assestato di Dean. I fratelli Winchester corsero in cucina dopo aver intravisto la sagoma in ombra di Damon.
    «Cosa ci fate in casa mia?!», urlò esterrefatto. Il mondo stava impazzendo quella notte.
    «Damon, stai calmo! Hai visto un uomo in trench?», parlò Dean bruscamente.
    Il giornalista indicò con un cenno la statuetta ai suoi piedi. Dean si avvicinò e la raccolse con gentilezza.
    «Agenti, chi cazzo era quello? E perché voleva ammazzarmi?!», sbraitò Damon.
    Sam guardò il fratello che annuì. «Damon, dobbiamo spiegarti alcune cose…», iniziò Sam con il suo tono solenne di quando si apprestava a dover fare un discorso. «Prima di tutto, non siamo agenti federali. Io sono Sam Winchester e lui è mio fratello Dean. Noi diamo la caccia ai mostri e ai demoni. C’è una guerra in corso tra angeli e demoni, e tu ne fai parte perché sei per metà demone e per metà umano.»
    Man mano che Sam proseguiva a parlare, il cipiglio di Damon si faceva sempre più marcato e quando concluse, la sua incredulità e il suo stupore erano tali che scoppiò in una risata isterica.
    «Voi siete pazzi! Siete due fottuti pazzi! Io adesso chiamo la polizia, quella vera!», li minacciò Damon, iniziando a muovere i primi passi per raggiungere il telefono in soggiorno.
    «No, Damon fermati!», gli intimò Dean, afferrandogli un braccio. Lo guardò duro, dritto negli occhi. «Quello che Sam ha detto è tutto vero, devi crederci!»
    Damon lo strattonò e riuscì a liberarsi dalla sua presa. Come risposta gli diede un bel pugno in faccia, che Dean incassò con un grugnito sommesso. In corpo gli stava scorrendo troppa adrenalina.
    «Vedete di andarvene via da casa mia, subito!», sbraitò colmo di rabbia.
    Dean si massaggiò la mascella. «Figlio di puttana…», borbottò poi si avventò su di lui.
    Volarono calci e pugni a più non posso e quando il tutto stava fin troppo degenerando, intervenne Sam, che li divise mettendosi tra di loro.
    «Ora che vi siete entrambi scaricati, possiamo calmarci e comportarci da persone civili?»
    Si misero all’erta tutti e tre quando udirono provenire dal soggiorno un rumore di vetri infranti. Accorsero per controllare. Davanti alla finestra in frantumi, un uomo sulla sessantina si guardava intorno.
    «Ah, eccoti figliolo! Papà è tornato a casa!», disse compiaciuto -quello che i Winchester catalogarono immediatamente essere un demone- in direzione di Damon.
    «Ma cosa…?», biascicò confuso il giornalista.
    Sam cominciò laconico a pronunciare la formula dell’esorcismo. Sia lui che Dean avevano avuto la stupida idea di non portare con loro il coltello di Ruby. Il demone sghignazzò e con un gesto della mano scagliò i due fratelli contro il muro, interrompendo l’esorcismo.
    «Allora, Damon… E’ un nome perfetto per te, non trovi?»
    L’attenzione di Damon era completamente rivolta ai due fratelli sospesi a mezz’aria e pressati contro il muro. Li guardò in cerca di aiuto, non aveva la minima idea di cosa fare.
    «E’ un demone!», rantolò Sam.
    «Sì, questo è vero. Ma sono tuo padre ed è arrivato il momento di tornare a casa», disse stringendo la presa su Sam che gemette dal dolore.
    La mente di Damon stava per scoppiare, gli pulsava. Si massaggiò le tempie. Guardò duramente il demone.
    «Esci da lui!», ordinò con fermezza.
    La bocca dell’uomo si spalancò e da essa ne fuoriuscì un denso fumo nero che si disperse, passando attraverso la finestra. Sam e Dean si accasciarono al suolo, così come il povero uomo che era stato posseduto.
    «Ma come sei riuscito a farlo?», chiese Sam esterrefatto.
    «Non lo so. Lo volevo ed è successo, ecco tutto.»
    Entrambi si rialzarono in piedi e sistemarono l’uomo, che era svenuto, sul divano.
    «Adesso dovrai venire con noi, ti porteremo in un posto sicuro. Dobbiamo addestrarti. Ci sarai utile in battaglia», affermò Dean.
    «E se io non volessi combattere? Io sono un giornalista e non un fottutissimo soldato!»
    «Damon tu sei molto potente, più potente di qualsiasi cosa io abbia mai visto. Verranno a cercarti altri demoni», lo mise in guardia Sam.
    «So come difendermi.»
    «Devi venire con noi», ribadì Dean. «Non hai scelta.»
    «Non posso, non posso. Voi non capite! Che cosa farà mio fratello senza di me?»
    «Dovrai lasciarlo. Restando con te sarà continuamente in pericolo.»
    «N-no… I-io posso proteggerlo», balbettò affranto e una lacrima scivolò lungo la sua guancia livida. La cancellò con un movimento secco della mano, che aveva le nocche arrossate per la scazzottata di poco prima. Sapeva di mentire a se stesso e che Sam aveva ragione.
    «D’accordo, verrò con voi», si arrese.
    Dean annuì sollevato. «Da Bobby starai benissimo. E’ davvero un grand’uomo, lui bad-»
    «Woh, woh aspetta!», lo interruppe bruscamente. «Cosa hai detto? Da Bobby? Io non voglio stare rinchiuso in una casa come se fossi in prigione! Se vengo con voi, starò con voi e diventerò un cacciatore.»
    «Va bene, diventerai un cacciatore», gli concesse Dean.
    «E’ una promessa?»
    Gli smeraldi di Dean incatenarono gli occhi azzurri di Damon per rafforzare l’intensità delle sue parole. «E’ una promessa.»
     
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